Davanti allo scaffale dell’acqua al supermercato, molte persone non si fermano a leggere l’etichetta. È un gesto rapido, quasi automatico: si prende la bottiglia più comoda o la marca di sempre. Per chi convive con l’ipertensione, però, quella decisione quotidiana può influire sulla salute. Un bicchiere d’acqua non è mai solo acqua: contiene minerali che possono aiutare oppure complicare il controllo della pressione arteriosa. Lo raccontano i tecnici del settore e lo notano i pazienti che regolano la terapia e l’alimentazione nel corso dell’anno. Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio la variabilità del contenuto di sodio tra le diverse marche.
Il sodio nell’acqua: perché conta
Il sodio è essenziale per il corpo, ma quando è in eccesso tende a trattenere liquidi e ad aumentare il volume sanguigno, con ripercussioni sulla pressione. Chi soffre di pressione alta deve quindi considerare non solo il sale nei cibi, ma anche il sodio nelle bevande. Le acque minerali presentano valori molto diversi: ci sono bottiglie con pochi milligrammi per litro e altre con cifre che, sommate al resto dell’alimentazione, possono diventare rilevanti. Per questo motivo molti specialisti suggeriscono di scegliere acque con meno di 20 mg/l di sodio quando si segue una dieta per ipertensione.

Non si tratta solo di numeri in etichetta: la ritenzione idrica aumenta gradualmente e può sfuggire all’attenzione finché non si misurano regolarmente i valori pressori. Secondo alcuni studi recenti, una riduzione dell’apporto di sodio è tra le strategie che più spesso migliorano il controllo pressorio, soprattutto in chi è sensibile al sale. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno, quando le diete cambiano e il consumo di bevande diverse aumenta.
Quale acqua scegliere e cosa guardare sull’etichetta
Non esiste una sola “acqua perfetta” per tutti, ma esistono caratteristiche utili da ricercare. Prima di tutto, preferire un’acqua con basso contenuto di sodio (sotto i 20 mg/l) aiuta a limitare l’apporto complessivo di sale. Un altro parametro importante è il residuo fisso: valori inferiori a 500 mg/l indicano acque più leggere, che tendono a favorire una minore ritenzione idrica. Chi vive in città lo nota spesso: le bottiglie “leggere” sono percepite come più adatte al consumo quotidiano.
Oltre al sodio e al residuo fisso, conviene valutare la presenza di magnesio e potassio. Questi minerali contribuiscono all’equilibrio elettrolitico e alla funzione cardiovascolare: un contenuto di magnesio intorno ai 50 mg/l e potassio almeno 10 mg/l può essere utile, specie se l’alimentazione non ne fornisce a sufficienza. Un aspetto che sfugge a chi non legge l’etichetta è la somma degli apporti minerali quotidiani: non è solo una questione di singolo pasto, ma di abitudini ripetute.
In pratica, scegliere l’acqua è una piccola azione che si ripete ogni giorno e che può facilitare il lavoro del medico e la gestione della terapia. Per chi ha ipertensione, quindi, una bottiglia con poco sodio, residuo fisso basso e un apporto equilibrato di magnesio e potassio rappresenta una scelta sensata. È una tendenza che molti italiani stanno già osservando nei carrelli della spesa: non è una cura, ma è uno strumento pratico per non complicare un quadro clinico che richiede attenzione.
