È il silenzio tra le tre e le quattro del mattino che spesso fa emergere il problema: una neomamma sveglia, gli occhi fissi sul bambino che dorme, e un pensiero ripetuto che non passa. In molti reparti maternità, in studi medici e nelle case italiane, quella scena ritorna e racconta un fenomeno più ampio: la salute mentale perinatale è una sfida che colpisce molte donne durante la gravidanza e nel primo anno dopo il parto. Ansia, baby blues, depressione post-partum e disturbi del sonno non sono solo momenti passeggeri, ma segnali che richiedono attenzione. Riconoscerli e attivare una rete di supporto che metta insieme famiglia e specialisti è essenziale per proteggere sia la madre sia il bambino. Un dettaglio che molti sottovalutano: spesso la prima richiesta di aiuto arriva dal partner o da un familiare, non direttamente dalla donna interessata.
Cosa comprende la salute mentale perinatale
Con l’espressione salute mentale perinatale si indica il benessere psicologico della donna — e più in generale della coppia genitoriale — dalla gravidanza fino a un anno dopo il parto. In questo arco di tempo accadono trasformazioni fisiche e sociali che aumentano la vulnerabilità: cambiamenti ormonali, nuove responsabilità, riduzione del sonno e pressioni economiche o relazionali. Tra le manifestazioni più comuni ci sono il baby blues, caratterizzato da tristezza transitoria e irritabilità, e la depressione perinatale, che può insorgere sia in gravidanza sia nel post-partum e richiede valutazione clinica.

Secondo l’OMS, disturbi d’ansia e depressione colpiscono circa una donna su dieci nei paesi ad alto reddito e una su cinque in quelli a reddito basso e medio. In Italia, uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) su oltre 14.000 donne ha rilevato un aumento della percentuale di screening positivi per depressione perinatale, passata dall’11,6% al 25,5% in un triennio. Un fenomeno che in molte regioni viene osservato anche nei servizi pubblici perinatali: è un aspetto che sfugge a chi vive lontano dai servizi sanitari specialistici. Per questo definire chiaramente cosa rientra nella salute mentale perinatale è il primo passo per pianificare interventi mirati.
Segnali, cause e fattori di rischio
I segnali di disagio psicologico in gravidanza o nel post-partum sono vari e spesso sovrapposti: tristezza persistente, pianto frequente, perdita di interesse per le attività abituali, ansia marcata, affaticamento, disturbi del sonno e difficoltà di concentrazione. Alcuni sintomi sono specifici della maternità, come la preoccupazione ossessiva per il bambino o la sensazione di non provare affetto verso di lui. Le cause sono multifattoriali: componenti biologiche (fluttuazioni ormonali), fattori psicologici (storia personale di depressione), sociali (scarso supporto familiare, isolamento) ed eventi stressanti legati al parto — per esempio un travaglio traumatico o complicanze neonatali. A livello globale, l’OMS segnala anche il ruolo di condizioni socioeconomiche svantaggiate, abuso di sostanze e cattivo stato nutrizionale. Tra i fattori di rischio più frequenti si annoverano una precedente depressione prenatale, elevati livelli d’ansia in gravidanza, mancanza di rete di aiuto e difficoltà economiche. Un dettaglio che molti sottovalutano è la qualità del sonno: la privazione cronica può peggiorare sintomi ansiosi e depressivi più di quanto si pensi. Riconoscere questi fattori permette ai professionisti e ai familiari di intervenire prima che il disagio diventi grave.
Prevenzione, cura e reti di supporto
Prevenire e trattare i disturbi perinatali richiede un approccio integrato: screening periodici, diagnosi precoce e percorsi di presa in carico che coinvolgano ostetrica, ginecologo, medico di base e specialisti della salute mentale. Le strategie efficaci includono la psicoterapia cognitivo-comportamentale, interventi psicoeducativi per la coppia e, quando necessario, terapie farmacologiche valutate da uno psichiatra. Il ruolo del partner e della famiglia è cruciale: un sostegno pratico nelle attività quotidiane e una disponibilità emotiva riducono il carico stressogeno. Esistono inoltre servizi di supporto organizzati, come centri perinatali e programmi di teleconsulenza, che possono integrare il percorso clinico; tra le soluzioni disponibili sul mercato si trovano anche piani assicurativi che offrono accesso a supporto psicologico online e teleconsulto pediatrico. Un aspetto che sfugge a chi vive nelle grandi città è la difficoltà di conciliare visite e lavoro: per questo la flessibilità dei servizi è importante. Se si notano pensieri autodistruttivi, allucinazioni o incapacità di prendersi cura del bambino, è fondamentale rivolgersi immediatamente a professionisti sanitari o ai servizi di emergenza. Alla base di ogni intervento efficace resta la rete: una donna che si sente ascoltata e supportata ha maggiori probabilità di recuperare il proprio equilibrio e favorire uno sviluppo sano del bambino.
