Dalle arancine ai supplì: le specialità street food d’Italia che devi assaggiare subito

Dalle arancine ai supplì: le 10 specialità street food d’Italia che devi assaggiare subito

Luca Antonelli

Ottobre 31, 2025

I chioschi lungo le strade parlano più chiaro dei menu dei ristoranti: odori di frittura, pane caldo e mani che impastano raccontano la storia di un cibo pratico, economico e radicato nei quartieri. Il street food italiano non è una moda recente, è una pratica che cambia nome e ingredienti a seconda della città. Nei mercati, nei festival e sotto gli archi dei centri storici si trovano piatti nati per sfamare la gente che lavora, preparati in angoli che conservano una memoria visiva difficile da cancellare. Qui non si tratta solo di sapore: si vede la tradizione che si preserva, si misura la qualità degli ingredienti e si riconosce la fatica dietro ogni preparazione. Come ricordano diversi protagonisti del settore, e come ha sottolineato Chef Rubio in più occasioni, la cucina è democrazia: imparare a cucinare passaggi semplici significa ridurre la distanza tra chi cucina e chi mangia.

Un giro d’Italia tra chioschi e sapori

In ogni regione il concetto di cibo da strada assume forme precise: dalla Sicilia fino al Veneto, il criterio resta lo stesso — cibo pratico, economico e riconoscibile. A Palermo e a Bari si trovano tecniche di frittura e di impasto che risalgono a un secolo o più fa; in Puglia la carne arrostita su spiedi racconta stagioni di pastorizia; in Toscana lo stomaco di bovino è espressione di un ciclo alimentare che non si butta via niente. Questa varietà è un indicatore sociale: il cibo di strada mostra relazioni di produzione locale, distribuzione e consumo che spesso sfuggono alle rilevazioni ufficiali. Un dettaglio che molti sottovalutano è la continuità delle ricette: non sono reinterpretazioni effimere, ma procedure tramandate tra famiglie e venditori ambulanti.

Dalle arancine ai supplì: le 10 specialità street food d’Italia che devi assaggiare subito
In ogni regione il concetto di cibo da strada assume forme precise. – pollnet.it

Lo spazio fisico dei chioschi influisce sul piatto: una padella grande, una friggitrice professionale, il banco coperto o l’angolo sotto un portico determinano scelte di tecnica e materie prime. Nei mercati si percepisce anche un altro elemento concreto: la stagionalità. Alcuni prodotti diventano protagonisti nella vita quotidiana solo in certe stagioni, e questo modifica il menu dei banchi. Per questo motivo, parlare di sapori d’Italia significa nominare luoghi oltre che ricette; la geografia è parte integrante della qualità percepita.

Le dieci specialità da provare

In Sicilia il Pane e panelle è simbolo di semplicità: farina di ceci trasformata in frittella e servita in pane morbido. Sempre a Palermo, il Pani câ meusa è un panino a base di milza, fegato e polmone di vitello soffritti nella sugna, spesso completato con ricotta o caciocavallo. Le Arancine (o arancini a seconda dell’area) sono timballi di riso ripieni e fritti, varianti che raccontano la differenza tra Sicilia occidentale e orientale. In Puglia la Bombetta — involtini di carne e formaggio avvolti nella pancetta — è una classica del banco di carne.

Spostandosi verso la costa ligure, la Panissa è una farinata di ceci tagliata a cubetti e servita con olio e limone; in Piemonte la stessa base prende forme diverse, attenzione alla distinzione geografica. A Firenze il Lampredotto — trippa bovina bollita e condita con salsa verde — resta un must del panino di strada. Napoli risponde con la Frittatina di pasta, piccole porzioni di pasta impanata e fritta che aprono lo stomaco prima della pizza; sempre nel Sud, a Bari le Sgagliozze (polenta fritta) sono servite calde alle sagre locali.

Infine, l’Abruzzo con gli Arrosticini — spiedini di carne di pecora — rappresenta la tradizione della brace, mentre in Veneto i Folpetti (moscardini bolliti con prezzemolo e limone) si gustano spesso su una fetta di pane o accompagnati da polenta. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è la misura del tempo: molti di questi piatti richiedono cotture o preparazioni che non si improvvisano. A ogni assaggio corrisponde una storia produttiva e territoriale, e la scelta di provarli porta con sé la sensazione concreta di aver toccato una parte della memoria gastronomica italiana.

×