Le polveri sottili aumentano del 40% il rischio di emicranie. I neurologi: “Effetto diretto sull’infiammazione cerebrale”
Respirare aria inquinata non danneggia solo i polmoni ma anche la testa. Un’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha rivelato che l’esposizione cronica a PM2.5 e NO₂ può aumentare del 40% la probabilità di soffrire di emicranie e cefalee ricorrenti.
Lo studio, pubblicato su Environmental Health, ha coinvolto oltre 8.000 volontari in cinque grandi città italiane – Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli – ed è durato quattro anni. “I dati mostrano una correlazione significativa tra l’andamento dei livelli di inquinamento e la frequenza dei mal di testa riferiti dai pazienti”, spiega Laura De Santis, neurologa dell’ISS.
Le particelle inquinanti, una volta inalate, scatenano un’infiammazione sistemica che coinvolge il sistema nervoso e i vasi cerebrali, alterando la soglia del dolore. Nei giorni con alta concentrazione di ozono, gli attacchi di cefalea risultano più intensi e duraturi.
Il fenomeno colpisce soprattutto donne tra i 25 e i 45 anni, ma anche adolescenti e anziani. “Lo smog urbano rappresenta un fattore di rischio sottovalutato per la salute neurologica”, sottolinea De Santis.
Gli esperti invitano i cittadini a consultare i bollettini sulla qualità dell’aria e a evitare attività fisiche all’aperto nelle ore centrali delle giornate critiche. L’ISS propone inoltre di introdurre un indice salute-aria, analogo all’AQI, per segnalare i livelli di rischio per le persone sensibili.
Secondo l’OMS, l’inquinamento atmosferico è oggi il principale fattore ambientale di rischio per la salute pubblica, responsabile di oltre 7 milioni di morti premature all’anno nel mondo.
