Scabbia 2025, cresce l’allarme: ecco dove si sta diffondendo e come riconoscerla in tempo

Aumenti di pazienti con la scabbia

Allarme scabbia nel 2025: gli acari come vettore della malattia-pollnet.it

Franco Vallesi

Ottobre 19, 2025

L’infestazione causata dall’acaro Sarcoptes scabiei è tornata a colpire in Italia: bambini, anziani e comunità le più esposte. Gli esperti spiegano come riconoscerla e trattarla.

Negli ultimi mesi la scabbia è tornata a far parlare di sé. Non si tratta di una malattia scomparsa o confinata ai Paesi in via di sviluppo, come molti credono. Oggi, in Italia e in gran parte d’Europa, si osserva un aumento significativo dei casi, tanto da diventare un problema di sanità pubblica. A rivelarlo sono i dati raccolti da diverse strutture dermatologiche e confermati dagli esperti della Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST).

L’acaro Sarcoptes scabiei, responsabile dell’infestazione, si trasmette per contatto diretto prolungato, e trova terreno fertile in ambienti chiusi e affollati. Non è una malattia sessualmente trasmessa in senso stretto, ma può diffondersi anche in questo modo. L’allarme nasce proprio dalla rapidità con cui l’acaro si propaga, soprattutto dove le condizioni igieniche sono difficili da mantenere costanti.

Secondo Michela Magnano, dermatologa e dirigente medico dell’Ospedale della Versilia di Lido di Camaiore, la recrudescenza è dovuta a più fattori: «Durante e dopo il lockdown — spiega — molte persone hanno vissuto in ambienti condivisi e meno igienizzati. A questo si aggiungono il turismo di massa, i viaggi post-pandemia e il ricambio continuo di pazienti nelle Rsa. Tutto ciò ha contribuito all’aumento dei contagi».

Chi colpisce e come si manifesta

Le categorie più colpite sono bambini e adolescenti, per via del contatto ravvicinato in scuole e palestre, e anziani, in particolare quelli che vivono in residenze sanitarie assistenziali. Anche i senzatetto e i migranti risultano più vulnerabili, spesso a causa del sovraffollamento e della difficoltà nel mantenere standard igienici adeguati.

I sintomi sono riconoscibili, ma non sempre immediatamente diagnosticati. Il segno più tipico è un prurito intenso e continuo, che tende ad accentuarsi durante la notte. Nelle prime fasi il prurito si localizza soprattutto tra le dita delle mani, ai polsi, ai gomiti e nella zona addominale.
Con il passare dei giorni compaiono lesioni da grattamento e, in alcuni casi, solchi sottili e lineari sulla pelle. Questi ultimi rappresentano i cunicoli scavati dall’acaro sotto lo strato cutaneo per deporre le uova.

Acaro
Gli acari sarebbero vettori della scabbia-pollnet.it

Un aspetto fondamentale, sottolineano i dermatologi, è che la diagnosi non può basarsi solo sul prurito. Il medico deve raccogliere la storia clinica, valutare la distribuzione delle lesioni e, se necessario, eseguire un raschiamento cutaneo per confermare la presenza dell’acaro o delle sue uova al microscopio.

Una volta accertata la diagnosi, è indispensabile trattare non solo il paziente, ma anche tutti i contatti stretti: familiari, partner e conviventi. Questo perché la scabbia può riapparire anche dopo settimane, creando un circolo vizioso di reinfestazioni.

Le misure igieniche restano decisive: lenzuola, asciugamani e vestiti devono essere lavati ad alte temperature, mentre oggetti non lavabili vanno isolati in sacchetti chiusi per almeno 72 ore, il tempo necessario per far morire l’acaro.

Le terapie attuali e i nuovi farmaci

Fino a pochi anni fa, il trattamento standard era a base di permetrina, una crema antiparassitaria da applicare su tutto il corpo. Oggi, però, la prima scelta è cambiata. Gli specialisti preferiscono il benzoato di benzile, più efficace e con minore rischio di fallimenti terapeutici.

Negli ultimi tempi, infatti, si sono verificati casi di resistenza alla permetrina, forse legati a un uso scorretto del farmaco — quantità insufficienti, tempi troppo brevi o mancato trattamento dei conviventi.
«Abbiamo osservato situazioni in cui il problema si ripresentava a distanza di poche settimane — spiega Magnano —. È possibile che l’acaro sviluppi una tolleranza, ma spesso l’errore è umano: si applica la crema solo sulle aree pruriginose, trascurando il resto del corpo».

In alternativa alle terapie topiche, per i casi più gravi o estesi, il dermatologo può prescrivere un trattamento orale a base di ivermectina, un antiparassitario sistemico che agisce in modo mirato contro l’acaro. La somministrazione deve essere sempre controllata dal medico, poiché il dosaggio varia in base al peso corporeo e alla gravità dell’infestazione.

La terapia deve essere ripetuta dopo 7-10 giorni, per eliminare eventuali uova schiuse dopo la prima applicazione. Durante il trattamento è consigliato evitare il contatto diretto con altre persone e monitorare eventuali segni di miglioramento o peggioramento.

Il Ministero della Salute e la SIDeMaST ricordano che la scabbia non è una malattia pericolosa, ma può diventare un problema serio se non diagnosticata e trattata correttamente. L’aumento dei casi in Italia richiede maggiore attenzione e prevenzione, soprattutto nelle scuole e nelle strutture sanitarie.

La raccomandazione è semplice ma essenziale: in presenza di prurito persistente e diffuso, consultare subito il medico o un dermatologo, senza sottovalutare il sintomo o tentare cure fai-da-te. Agire in fretta può evitare un contagio familiare o comunitario e ridurre drasticamente la diffusione della malattia.

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