Per molti giovani italiani il problema non è solo la fame, ma la vergogna di non poter scegliere cosa mangiare.
Dietro le statistiche della povertà alimentare si nasconde una realtà più profonda e dolorosa: quella degli adolescenti che non possono scegliere cosa mangiare. Non si tratta solo di mancanza di cibo, ma di perdita di dignità, isolamento e vergogna. In Italia migliaia di ragazzi affrontano ogni giorno un disagio silenzioso che li segna nel corpo e nella mente.
La fame che non si vede ma si sente
La povertà alimentare giovanile è una forma di esclusione invisibile. Non avere la possibilità di scegliere un pasto, di dire “voglio questo” o “non mi piace quello”, significa perdere parte della propria libertà. Molti adolescenti fingono di non avere fame per nascondere la propria condizione, altri rinunciano a uscite o feste per evitare di essere giudicati. Questo silenzio pesa quanto la fame stessa.

La vergogna diventa una barriera che impedisce di chiedere aiuto. Il cibo, simbolo di condivisione e affetto, si trasforma in un promemoria costante della differenza sociale. Quando l’alimentazione non è una scelta, ma una conseguenza della povertà, anche l’identità si spezza.
Fame, salute e solitudine: il peso emotivo nascosto
Non avere accesso a un’alimentazione regolare e completa compromette la salute fisica e psicologica. Gli adolescenti colpiti da povertà alimentare sono più esposti a depressione, ansia e bassa autostima. Le difficoltà di concentrazione, la stanchezza e i disturbi del sonno diventano quotidianità. Il cibo, o la sua assenza, influenza anche il rendimento scolastico e la capacità di socializzare.
Molti di questi giovani crescono con la sensazione di “valere meno”, di essere esclusi da un mondo dove anche un panino o una merenda possono definire l’appartenenza a un gruppo. È una fame emotiva, che si nutre di solitudine e vergogna.
Perché gli aiuti non bastano
I pacchi alimentari o le mense scolastiche gratuite sono strumenti utili ma insufficienti. Spesso rispondono a un bisogno immediato senza affrontare il problema strutturale. Servono politiche di lungo periodo, che garantiscano non solo cibo, ma libertà di scelta e accesso equo a prodotti sani.
Educazione alimentare, mense di qualità, sostegno economico alle famiglie e coinvolgimento delle scuole sono elementi essenziali per rompere il ciclo della povertà. L’obiettivo deve essere restituire ai giovani la dignità di scegliere, non solo la possibilità di mangiare. La povertà alimentare è uno specchio del fallimento sociale. Non basta nutrire, bisogna ascoltare, accogliere e comprendere. Ogni pasto negato è una lezione di esclusione. Restituire a ogni adolescente la libertà di scegliere cosa mangiare significa restituirgli autonomia, fiducia e speranza.
Il cibo deve tornare a essere un linguaggio universale di amore e inclusione, non una misura di differenza. È da lì, dal piatto vuoto di un ragazzo, che si costruisce o si distrugge una società.